martedì 30 aprile 2013

Yo!

Enrico Letta in questa foto con Angela Merkel sembra me a fine anni'80 quando a Torino andavo a ballare al Big. In effetti, ha soltanto tre anni e mezzo in più di me, anche se mi sembra di dimostrarne molto di meno. Io però non sono premier. 



lunedì 29 aprile 2013

Niente applausi, sono Emma

In una giornata talmente scontata che però, causa il numero di 630 deputati - che finora nessuno ha tagliato - e le conseguenti lungaggini, ha visto la fiducia a Letta alla Camera iniziare alle 15 e concludersi alle 21.40 (ditemi se accade ciò in un Paese normale), ci pensa Emma Bonino a essere come sempre controcorrente, comunque la si pensi su di lei. 
Infastidita, probabilmente, dal tono trionfale del Pdl (non potrebbe peraltro essere altrimenti) e del suo vicino di banco, il neoministro degli Interni Alfano, Bonino scrive un "pizzino" ai suoi colleghi ministri per invitarli a smettere il tifo da stadio: "Posto che siamo tutti "Enrico", non ci si applaude. Secondo me". 
Invito di Emma accolto dai ministri. Che poi, sempre per il discorso del Paese normale, si debba in Parlamento sprecare chissà quanta carta intestata per questo tipo di attività, questo è un altro discorso. 

sabato 20 aprile 2013

Re Giorgio e re Silvio


La rielezione di Napolitano e l’incredibile rinascita di Berlusconi, grazie al suicidio del Pd. Non è un golpe, è una ritirata dei partiti 

In questi primi 4 mesi del 2013 abbiamo visto che anche i papi abdicano, oltre ai re. Eccetto uno, che voleva  abdicare ed è stato implorato a non farlo: e fu così che “re Giorgio” Napolitano ha accettato, probabilmente a tempo (e non soltanto per ragioni di età) un bis al Quirinale, che la Costituzione come sappiamo non contempla né vieta. In due mesi abbiamo avuto il primo papa che si dimette dopo 500 anni e il primo presidente della Repubblica rieletto, nonostante avesse spesso ripetuto “Non mi convinceranno”. Chi però accusa Napolitano in queste ore di incoerenza dice, a mio avviso, una sciocchezza. Sono i partiti, soprattutto il Pd, che sta esplodendo e ha bruciato due candidati di fila al Quirinale, che hanno benedetto questa soluzione estrema, mantenendo il presidente attuale il quale tenderà a fare approvare un “governo di scopo”, affidando l’incarico a vecchie volpi come Giuliano Amato. Non riesco, oggi, a vedere un gesto più conservativo: d’altra parte, ne va della conservazione dei partiti stessi. Non è un golpe, come ha dichiarato con azzardo Grillo, ma è una ritirata dei partiti, che appaiono sempre più lontani dalla realtà. E’ un flop completo della politica, ma chissenefrega:  se Enrico Letta ha dichiarato che “Oggi è una bella giornata per l’Italia” è la dimostrazione che ancora non si è capito nulla.
Il vero vincitore, però, del “conclave” del Quirinale è quello che, nel novembre del 2011, sembrava essere sulla ghigliottina. Parlo di Silvio Berlusconi, che ha resuscitato un Pdl clinicamente morto (lo sarebbe tuttora, senza la sua arte affabulatoria) portandolo a un soffio di voti dal Pd e restando fermo nelle strategie per il candidato presidente. Essere immobili, in questi momenti di caos, è una tattica che può premiare. Berlusconi è riuscito nell’ordine a: benedire l’ “inciucio” con il Pd per la candidatura di Franco Marini, bruciata dai democratici; evitare l’elezione al Quirinale del suo nemico Romano Prodi senza muovere un dito, grazie alla “carica dei 101” franchi tiratori piddini; ottenere la riconferma di Napolitano, presidente che ha sempre voluto. Se si rivotasse ora, il Pdl supererebbe di gran lunga il Pd senza alcun merito da parte del primo, ma semplicemente per i demeriti del secondo. Altro che giaguaro smacchiato.
La rielezione di Napolitano è drammatica soprattutto per il Pd, che da quando Bersani ha vinto le primarie per candidarsi a premier non ne ha azzeccata una, fino allo spettacolo pietoso dei “traditori” che nel segreto dell’urna non hanno votato per Prodi. Non voglio, però, impallinare Bersani, il quale come sappiamo si è dimesso da segretario. Sarebbe ingeneroso verso di lui, che ha provato invano – certo con errori e negli ultimi 60 giorni con acuta testardaggine – a tenere a bada un gruppo di schegge impazzite. Due cose, però. La prima: qualcuno nel Pd ci deve ancora spiegare il rifiuto di appoggiare con Cinquestelle e Sel la candidatura di Rodotà. La seconda: oltre all’evidente errore di far digerire l’inciucio con Alfano per il nome di Marini, il giorno dopo si è pensato di rimediare richiamando dal Mali Romano Prodi, credendo di essere tornati al ’96. Ed errori di presunzione il Pd ne ha fatti tanti: uno a caso, aver ricandidato Rutelli a sindaco di Roma, ché tanto ce l’avrebbe fatta (si è visto come andata a finire). Si arriva così alle scene di questi giorni con i militanti che bruciano le tessere in piazza di Monte Citorio e il fiato sul collo di Fabrizio Barca e Matteo Renzi. Il Pd, così com’è, non c’è più, è un dato di fatto e se non si riorganizza – e bene – alle prossime elezioni prenderà, se è fortunato, i voti di Scelta Civica. Ciò che però fa più tristezza è che, ad oggi, in Italia sembra non possa esistere o funzionare nel modo corretto un partito, o un movimento, non fondato sul capo. Vince Grillo, sopravvive la Lega che ottiene la Lombardia pur perdendo un sacco di voti, rinasce re Silvio. E si rielegge re Giorgio. Chissà se Andreotti tornerà agli esteri. 

giovedì 18 aprile 2013

I perdenti di successo

L'inciucio. Per il primo da sinistra non ci sono speranze, è il suo ruolo da sempre. Per il primo da destra sarebbero gradite dimissioni: è st'acqua qua. 








lunedì 1 aprile 2013

Onida, dice il saggio

In un Ottoemezzo di Pasquetta, Lilli Gruber e Stefano Feltri tentano, invano, di fare dire a Valerio Onida ciò che non può o che non sa dire. Appurato dalla sua bocca che non sappiamo ancora se Napolitano si aspetta dai saggi un documento scritto o che altro (perché questo, diciamolo, era il tono delle domande da studio) Onida, che per me è forse l'unico saggio dei saggi scelti dal presidente della Repubblica, cerca per quanto può di sgonfiare la pressione sui due gruppi ristretti e, soprattutto, di richiamare alcuni concetti importanti. Ad esempio: 
"Non spetta ai saggi fare decreti, la legge elettorale la cambieranno i partiti" (se finalmente la cambieranno, aggiungo).
Oppure, con modestia, ma anche con realismo: "Non aspettatevi chissà cosa, si cerca di fare il meglio possibile".
E ancora, risvegliando lo smacchiagiaguari: "Tecnicamente il preincarico a Bersani non è finito, ne è stato revocato" (che poi si ripristini, è un altro discorso). 
E ancora, con stilettata a Grillo: "Il parlamento è giovane e non ha bisogno di badanti, semmai di baby sitter".
E aggiungo: lavorate, neoletti. Non sono i saggi a doversi occupare, ad esempio, di diritti civili, immigrazione, omofobia. Voi, invece, sì. 

Saggi d' aprile

Tutti (o quasi) li criticano, tutti (o quasi) lamentano non ci sia almeno una donna, tutti (o quasi) li pressano per fare in fretta, ribadendo che non sono risolutivi, tutti (o quasi) non credono che la vera partita che si gioca si un'altra. Che Giorgio Napolitano ha rimandato al suo successore (o a se stesso, molti vorrebbero).
Nel frattempo, ci sarebbe un Parlamento nuovo e, soprattutto, rinnovato che potrebbe - anzi, dovrebbe - occuparsi di lavorare. E bene.