giovedì 26 luglio 2012

Il vero abominio è Forza Nuova



E così quei simpaticoni di Forza Nuova hanno appeso uno striscione omofobico lungo un cantiere a Roma che cita il Levitico. La frase è: “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio“. 
Due considerazioni. 
La prima: se fossi cattolico, mi vergognerei del fatto che la Bibbia sia usata a scopi politici. 
La seconda: anche nell'omosessualità, oltre che nell'eterosessualità, le donne vengono considerate in secondo piano. Lo vediamo in tanti paesi, da quelli arabi a Trinidad, per fare degli esempi, in cui se l'omosessualità maschile è osteggiata e condannata, anche per legge, quella femminile non è nemmeno presa in considerazione. 
Forza Nuova riprende lo stesso concetto. L'abominio vero è lei. 

mercoledì 25 luglio 2012

Ammiraglio Di Paola, piacere mio

Il ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, fa il baciamano alla collega Elsa Fornero, la quale da buona valligiana savoiarda, facilmente sarà sensibile al fascino della divisa. La scuola militare non mente e Di Paola si comporta "all'antica" con le signore. Lo fa anche con stampa e opinione pubblica, quando diventa furioso appena gli si ricorda che senso abbia avere tutti quegli F-35. Ma questo è un altro discorso.






venerdì 13 luglio 2012

I leader non piangono, Alfano sì



Diego Volpe Pasini, consulente di Berlusconi, demolisce la leadership di Alfano e ne dà un quadro come fosse il suo psicoterapeuta. Senza vergogna 



Angelino Alfano preso in giro da Twitter che tanto ama (è uno dei pochi politici "hi tech") con l'hashtag #farewellangelino. Angelino Alfano che "abbozza" dopo la decisione di Berlusconi di ricandidarsi, se mai sarà confermata. Angelino Alfano visconte dimezzato. E Angelino Alfano che piange: lo apprendiamo da uno dei molti consulenti di Berlusconi, Diego Volpe Pasini, che con notevole indelicatezza svela questo particolare e dà un quadro di Alfano come fosse il suo psicoterapeuta. 


Così Volpe Pasini: "Angelino Alfano è in condizioni psicologiche molto difficili perchè è stato catapultato in un ruolo non suo e credo che abbia fatto un errore dopo le amministrative a dire che il Pdl aveva perso. Berlusconi si arrabbiò tantissimo. Ieri a palazzo Grazioli ha anche pianto". Verrebbe da dire: meno male, a palazzo Grazioli pare succedessero cose ben peggiori. Ma la seconda affermazione è questa: "Alfano non è mai stato un leader, ma il segretario del partito. Berlusconi sperava che lo fosse, ma le cose sono andate in un altro modo. Non ci può essere un altro con Berlusconi presente". 


Così apprendiamo che i leader non piangono, evidentemente. O, se lo fanno, le quintalate di cerone servono a coprire le lacrime. Non mi riferisco, come ovvio, ad Alfano: il quale però, leader o meno, farebbe bene a dire due paroline al consulente che l'ha additato. 

martedì 10 luglio 2012

I 15 "montiani" e l'ennesima corrente Pd


Marco Follini è per certi versi un genio, perché è stato tra coloro che hanno previsto molto tempo fa l'alleanza tra (centro) sinistra e cattolici. Ora, ringalluzzito dall'avvicinarsi della profezia, scrive insieme a Pietro Ichino e ad altri 13 piddini una lettera di sostegno, anche dopo il 2013, a Mario Monti. In pratica, sottolinea Alberto Crepaldi nel suo blog su Linkiesta, la lettera dei 15 testimonia la nascita nel Pd di una nuova corrente, quella dei "montiani". Come se il partito non avesse correnti a sufficienza. 


La notizia, scrive Crepaldi, è brutta sia per Bersani, che non ne potrà più di spartire la torta, sia per Monti perché "i 15 firmatari rappresentano, in termini di consenso, poco più che sé stessi (...) cosicché, ove il passo dei 15 volesse costituire il prodromo alla creazione di un vasto e trasversale consenso parlamentare attorno alla figura del premier, tale da proiettarlo a palazzo Chigi anche nella prossima legislatura, Monti stesso non ha di che stare allegro". Sarà per questo, forse, che Monti poco fa ha detto di escludere un'altra esperienza di governo. Ingrato, il professore. Ma i 15 di Follini ne sanno una più del diavolo.

P.S. Qualcuno potrebbe anche chiedersi perché Follini stia nel Pd. Per dire. 

lunedì 9 luglio 2012

Mezzogiorno al supermarket

Racconto inserito nell'agenda letteraria 2010 Le opere e i giorni, editore Fabio Croce
       



      Ma chi è quello lì
       con quelle cosce come due autobotti?
       Quello lì, quello lì
       vicino al banco dei prosciutti cotti

       Mina


Mezzogiorno di fuoco, come ogni sabato mattina al “super” – chiamato così per la consuetudine dei milanesi di abbreviare tutto - di via Rubattino. Sembra che tutta la zona di Milano est si dia ritrovo qui ogni sabato a quest’ora. La grande hall con frutta e verdura è ora una pista di autoscontri, con i carrelli al posto delle automobili con la bandierina dell’Italia o di altri paesi dell’Unione. C’è chi sembra divertirsi a spingerli e non sempre sono i bambini. C’è la coppia sulla sessantina che, leggermente disorientata e soprattutto scocciata di dover dividere pochi metri quadri con decine di persone, impiega buona parte del tempo nello strappare i sacchetti di plastica per melanzane e pere Williams e il doppio per pesarle, con puntuali lamenti silenziosi di chi sta in fila. Ci sono studenti del Poli che fanno la spesa della settimana, ma che non vedono l’ora di arrivare agli scaffali dei liquori e dei salatini per la festa di stasera a casa di qualcuno. Pochi i peruviani, i filippini o gli egiziani, che preferiscono i discount per i prezzi più bassi e i negozi etnici per cucinare cibi che ricordano la loro terra. I single hanno il cestino al posto del carrello perché comprano l’essenziale e sono sempre reperibili agli scaffali delle rapide e pratiche insalate in busta. Costano di più, ma vuoi mettere che bisogna solo aprirle e al massimo condirle? Anche loro però (...)

sabato 7 luglio 2012

CamuSquinzi


"Da un governo tecnico mi sarei aspettato cose che non sono state ancora fatte, per esempio nel sostegno alla ricerca".

"Evitare la macelleria sociale".

"Possibile la patrimoniale".

Sono parole di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. Per parafrasarlo, da un governo tecnico non mi sarei aspettato che spingesse Squinzi sulla (non proprio, naturalmente) stessa linea di Susanna Camusso. I miracoli dei professori.

venerdì 6 luglio 2012

Filadelfia melting pot

Presentato per i 50 anni del primo supermercato a Torino. Vai alla fotogallery dello slideshow durante il mio reading



Al bancone di un bar di via Tunisi a Torino, tre uomini stanno bevendo ognuno il proprio caffè.Valentino ha quasi sessant’anni, è un ex ferroviere da poco in pensione, parla in dialetto con i suoi amici che incontra ogni pomeriggio per lunghi e litigiosi tornei di scopa all’asso, legge come ogni buon torinese la Busiarda (1) e in particolare lo “Specchio dei tempi” (2) ed è, suo malgrado, tifoso del Toro fino alla morte, anche se non si diverte più dal derby del 3 a 2 negli anni ’80. Il suo nome di battesimo non è casuale. Nel maggio del ’49, tragedia di Superga, sua madre era in cinta di lui. Suo padre, ammiratore del Grande Torino, andò come tutta la città ai funerali di quella squadra che entusiasmò il mondo e che dopo il disastro aereo divenne mito. Quel giorno decise, in onore di capitan Mazzola, che suo figlio (giacché, nonostante le ecografie ancora non esistessero, sapeva in cuor suo che sarebbe nato maschio) lo avrebbe chiamato Valentino. E suo figlio aveva sempre abitato in quel quartiere, a un passo dal Filadelfia, ereditando dal papà sangue granata, andando a seguire gli allenamenti quando non faceva turni di mattina, piangendo quando quello stadio zeppo di ricordi venne abbattuto. (...)

mercoledì 4 luglio 2012

Agosto

Pubblicato in "Racconti", Nicola Pesce Editore


Quella maledetta mattina del 2 agosto 1980 Stefano sentì lo scoppio della bomba alla stazione di Bologna fin dai portici dell’università, dove era insieme ad altre centinaia di ragazze e ragazzi come lui a cazzeggiare, a fumare, a prendere un caffè al bar in piazza. Lezioni ed esami erano finiti, ma ci si continuava a trovare lì davanti, in attesa di partire per le vacanze. In un primo momento nessuno capì cosa fosse successo. Poi, man mano che i minuti passavano, iniziò a filtrare qualche notizia. Infine, la paura, lo sconcerto, le mani nei capelli, che i ragazzi portavano ancora lunghi come negli anni’70 appena terminati, oppure a cresta per chi seguiva l’ondata punk arrivata da Londra nel ‘77. Anni duri a Bologna: contestazioni, violenza, autonomi, ma anche radio libere, creatività, pensieri e parole che così bene aveva raccontato Tondelli nei suoi romanzi. E il 2 agosto 1980 la strage, un’azione con un obiettivo senza nome né cognome, il sacrificio di vittime innocenti, il cuore del terrorismo nero in una città da sempre sintonizzata sull’opposta fazione.

Mille idee confuse e ad alta voce tra i ragazzi sotto i portici dell’università: andiamo in stazione, ma no che ci andiamo a fare, andiamo a sentire il tg, occupiamo il comune, che cazzo dite andiamo ad aiutare chi è sotto le macerie, ma che aiuto possiamo dare. In quel casino di opinioni lanciate al vento, Stefano guardò inconsciamente l’ora. Le undici meno un quarto. “Cazzo, venti minuti fa Chiara aveva il treno per Ferrara. Cazzo!”. Stefano si mise a correre, seguito dal suo amico Davide, che aveva capito subito dove fosse diretto. Non furono gli unici a correre verso la stazione, in quei minuti cominciò un pellegrinaggio frenetico e costante verso quel nodo di scambi ferroviari diventato poco prima un crocevia di morte. Quando arrivarono nel piazzale, videro davanti a sé il caos. I primi soccorsi, i primi volontari, tutti che urlavano di far largo, che scacciavano le persone inutili. E Stefano e Davide si sentirono totalmente inutili (...)