lunedì 9 luglio 2012

Mezzogiorno al supermarket

Racconto inserito nell'agenda letteraria 2010 Le opere e i giorni, editore Fabio Croce
       



      Ma chi è quello lì
       con quelle cosce come due autobotti?
       Quello lì, quello lì
       vicino al banco dei prosciutti cotti

       Mina


Mezzogiorno di fuoco, come ogni sabato mattina al “super” – chiamato così per la consuetudine dei milanesi di abbreviare tutto - di via Rubattino. Sembra che tutta la zona di Milano est si dia ritrovo qui ogni sabato a quest’ora. La grande hall con frutta e verdura è ora una pista di autoscontri, con i carrelli al posto delle automobili con la bandierina dell’Italia o di altri paesi dell’Unione. C’è chi sembra divertirsi a spingerli e non sempre sono i bambini. C’è la coppia sulla sessantina che, leggermente disorientata e soprattutto scocciata di dover dividere pochi metri quadri con decine di persone, impiega buona parte del tempo nello strappare i sacchetti di plastica per melanzane e pere Williams e il doppio per pesarle, con puntuali lamenti silenziosi di chi sta in fila. Ci sono studenti del Poli che fanno la spesa della settimana, ma che non vedono l’ora di arrivare agli scaffali dei liquori e dei salatini per la festa di stasera a casa di qualcuno. Pochi i peruviani, i filippini o gli egiziani, che preferiscono i discount per i prezzi più bassi e i negozi etnici per cucinare cibi che ricordano la loro terra. I single hanno il cestino al posto del carrello perché comprano l’essenziale e sono sempre reperibili agli scaffali delle rapide e pratiche insalate in busta. Costano di più, ma vuoi mettere che bisogna solo aprirle e al massimo condirle? Anche loro però (...)

sono sempre più attenti al prezzo al chilo e alle offerte. Una pila di pesche noci imbustate e scontate del 50 per cento è già quasi terminata e poco importa se non è più stagione e chissà se sono ancora buone. In questo bazar del terzo millennio regna sovrano il “bip” di sottofondo dei prodotti passati alle casse, un unico, costante e metallico suono che pian piano avvolge le orecchie di tutti gli attori di questa rappresentazione. Probabilmente è un suono che le cassiere non riusciranno mai ad allontanare dalla loro mente anche quando sono a casa. Forse in vacanza, chissà.

Gianni sta terminando di controllare le scorte di frutta per avvisare che cosa bisogna rimpolpare negli scaffali. Lavora qui da quasi cinque anni ed è moderatamente orgoglioso di indossare il suo camice bianco in stile infermiere e di non faticare più scaricando cassette all’alba come quando aveva iniziato. Non aveva mai sognato di essere un medico, un architetto, un manager. Il suo obiettivo era quello di trovare un posto di lavoro dignitoso, possibilmente senza dover stare costretto otto ore ad una scrivania e con un contatto con il pubblico diverso da quello impersonale e logorante delle officine del duemila chiamate call center. Finalmente, dopo un po’ di sacrifici, c’era riuscito e ne era abbastanza contento. Ciò che però lo distingueva da quasi tutti i suoi colleghi erano la curiosità e lo spirito di osservazione. Lavorava quasi tutti i sabati e ormai, volteggiando silenzioso e discreto tra i corridoi del super, aveva individuato una serie di personaggi che puntualmente ogni sabato a mezzogiorno facevano capolino in quella babele di profumi, colori e musica easy listening diffusa dagli altoparlanti. Alcuni lo riconoscevano e scambiavano con lui sguardi a volte di intesa, altre volte di solidarietà, quasi come a volergli dire “io sto facendo la spesa e non vedo l’ora di finire, ma tu sei qui ogni sabato e ci lavori”. A Gianni importava poco di cosa pensavano i clienti. Faceva creder loro ciò che volevano, perché sotto sotto si divertiva un mondo ad osservarli con discrezione.

Eccolo qui, puntuale come dovrebbero essere – ma raramente lo sono – i treni dei pendolari: il tipo sulla quarantina, capello impomatato, giubbotto da velista e jeans firmati, che con aria quasi di superiorità tiene saldo il suo cestino con più o meno le solite cose di ogni sabato. Pomodori grappolo, mozzarelle, songino, tagliata di manzo, riso Carnaroli, due bottiglie di un rosso pregiato, magari per un dopo cena speciale. Su chi piomberà come un falco questa volta? Gianni lo vede avvicinarsi ad una signora quasi coetanea. Graziosa, single o forse separata, con un chihuahua che spunta dalla borsetta appoggiata sopra il carrello. Perfetta! avrà pensato il tipo, che appena vede la signora in difficoltà si offre di prenderle l’insetticida all’ultimo piano dello scaffale. Lei lo ringrazia, lui approfitta del chihuahua per provare ad abbozzare una conversazione. I cani, si sa, sono un ottimo veicolo per conoscere persone e non è dato di sapere quanti li vogliono per avere compagnia e quanti invece per trovarne. Appena però lui avvicina la mano per accarezzarlo, il chihuahua, fiero e geloso della sua padrona, gli abbaia e digrigna i denti, per quanto possa incutere timore un cagnolino più piccolo di un furetto. Gianni se la ride sotto i baffi del suo pizzetto ben curato e pensa che non sia certo un chihuahua geloso a fermare lo spirito di conquista del suo amico, che infatti cerca in tutti i modi di aggraziarselo, ma la piccola peste non ne vuole sapere, né la sua padrona prova più di tanto a farlo star buono e, sorridendo a mò di scuse, saluta il tipo e prosegue verso i formaggi. Stavolta a mister capello impomatato è andata male, ma l’ora di punta al super non è ancora terminata e può darsi che in qualche altro corridoio ci sia una signora disarmata di cane che lo aspetta.

Gianni avvisa al cellulare qualcuno in magazzino di arrivare con un paio di cassette di patate, mele Fuji e peperoni gialli. Mentre chiude la chiamata, scorge dall’estremità opposta del corridoio la sua cliente preferita. Settant’anni circa, capelli bianchi sempre ben pettinati, giacca di velluto e pantaloni morbidi, occhiali da vista di un vezzoso verde smeraldo. Naturalmente dotata del trasportino a rotelle come ogni signora milanese che è arrivata all’età della pensione. Gianni si avvicina senza farsi notare per vedere che cosa la signora questa volta osserverà per cinque buoni minuti prima di decidere o meno l’acquisto. Di solito lo faceva con gli ortaggi di stagione, soprattutto i carciofi e non soltanto per non pungersi. Ora ha messo gli occhi su…vediamo un po’…le mele annurche. Buone quanto care. Probabilmente non si fida del loro aspetto rovinato che nasconde un cuore di dolcezza. Infatti chiede un parere ad un signore che le sta scegliendo. Parlano per circa un minuto, finché l’uomo si allontana e la signora incomincia con meticolosità a mettere le mele nel sacchetto. Va a pesarle, le appoggia dentro il carrello e si guarda in giro con circospezione. Infine, con rapidità insolita in una signora anziana, ne prende altre quattro e le aggiunge al sacchetto che aveva pesato. Nello stesso momento il suo sguardo e quello di Gianni si incrociano. Lei è imbarazzata e non riesce a cambiare direzione o a guardare altrove, quasi pietrificata. Lui non se lo aspettava dalla “sua” cliente e pensa che la crisi di quest’ultimo periodo stia davvero trasformando le persone. Non sarebbe stato suo dovere occuparsene perché non è un addetto alla sicurezza, ma non può e non vuole far finta di nulla e così si dirige verso la signora, che incomincia a tremare prima ancora che lui abbia parlato.
Gianni le sorride senza dare troppo nell’occhio e le chiede “Mi dica solo con quanti sacchetti ha fatto la stessa cosa di prima”.
La signora non riesce a parlare e indica il sacchetto delle zucchine con l’indice della destra. Gianni prende mele e zucchine e la congeda. E’ contento di averla sorpresa lui anziché una guardia, ma ora chiama la security per segnalare di stare più attenti in zona ortofrutta.


Gianni decide di prendere un po’ di fresco nel vero senso della parola e si sposta lungo gli scaffali del pesce surgelato, dove proprio a fianco, al centro di un ampio crocevia, era stato collocato da pochi mesi un banchetto quadrato dedicato a sushi e sashimi, per chi voleva gustarsi il cibo del nuovo decennio anche a casa propria e a prezzo contenuto. A Gianni il pesce crudo faceva orrore, essendo il classico italiano medio che all’estero cerca le tagliatelle e quando le trova singhiozza se non sono buone come quelle che fa sua madre. Gli piaceva però il movimento di persone intorno a quel banchetto in puro stile giapponese. In maggioranza single, più sui 30 che sui 40, più uomini che donne, anche se non mancano mai le coppie amanti del cibo etnico o i semplici curiosi, che magari non hanno mai cenato in un sushi bar, ma che al super si sentono all’improvviso desiderosi di provare qualcosa di diverso. Oggi al banchetto è in arrivo anche la tradizionale “famiglia Brambilla”, anche se in questo caso non in vacanza. Papà, mamma e bimbo in età prescolare spinto dal babbo insieme al carrello. Anche loro sono habitué del sabato al super. Carini, tutti e tre. Papà e mamma entrambi sui 35. Lui alto, robusto, con un aspetto semplice e sano alla Antonio Rossi. Lei bionda e sottile, con un portamento elegante. Il bimbo sempre buonissimo in sella al carrello, mai un capriccio. La famiglia perfetta. Forse troppo. In tutti questi sabati a Gianni non era sfuggita una vena malinconica e distratta nello sguardo di lui, che spesso pareva essere distante chilometri mentre lei infilava nel carrello con diligenza e regolarità affettati misti, grana a cubetti e confezioni da 8 di yogurt magro alla frutta. La scena si ripete anche oggi. Lei inizia a scegliere alcuni sushi mix e chiede un parere a lui, che esprime soltanto cenni di assenso con la testa. Stavolta però il suo sguardo non è perso nel vuoto, ma concentrato su qualcuno, che quando alza gli occhi e li incrocia con i suoi ha un sorriso istintivo di grande piacere, ma poi si accorge della presenza di moglie e pupo e, anche se deluso, si allontana, voltandosi ogni tanto: il papà però e sempre lì, con lo sguardo fisso su di lui.

Gianni ha seguito tutta la scena ed è sorpreso. Scuote la testa, non perché sia scandalizzato, ma perché pensa quanto – e soprattutto perché - un uomo debba fingere di essere felice quando non lo è, almeno non appieno. Riceve una chiamata dalla direzione per un ordine di pompelmi che aveva avuto qualche lungaggine. Tutto comunque risolto. Torna verso l’ortofrutta con in testa un brano di Ligabue sentito in radio. Anche oggi aveva potuto osservare molte cose, oltre che intervenire di persona per risolvere lo spiacevole incidente con la signora dagli occhiali verdi. Non era però soltanto lui ad osservare, ma come logico alcuni clienti facevano lo stesso con lui mentre lavorava. Da mezz’oretta, come ogni sabato, era entrata una ragazza sulla trentina che evidentemente lo riteneva attraente e lui sapeva di avere i suoi occhi puntati addosso. “Mai sul lavoro” è sempre stato il motto di Gianni: né con le colleghe, né tantomeno con le clienti. Però questa ragazza con i capelli bruni lisci, gli occhi scuri e lo sguardo timido, ma con una punta di malizia, gli piaceva molto. Ogni sabato la guardava e ogni sabato si chiedeva come poterla conoscere e incontrare al di fuori del super.

Gianni sta parlando con un addetto che sta sistemando un carico di insalate in busta. I due discutono per qualche minuto, infine Gianni lo congeda con il gesto di ok del pollice in su. Si volta di scatto e si trova di fronte, quasi naso contro naso, la ragazza che, come lui, sa osservare e spesso interpretare le persone dai loro atteggiamenti. E’ imbarazzato, ma stavolta non può tirarsi indietro. Le sorride e, con voce divertita, le dice buongiorno. Lei, convinta del piano che aveva probabilmente ben studiato, gli chiede con aria fintamente tonta e voce bassa “Mi scusi, ho dimenticato gli occhiali e non riesco a leggere alcuni prezzi. Quella papaia, ad esempio…mi può dire quanto costa?”
Gianni intuisce il pensiero della ragazza e le risponde “3 e 35”. Lei annota, gli chiede un altro paio di prezzi ed è così che lui riesce a dirle il suo numero di cellulare completo. “Ma dopo le quattro – le sussurra – quando sono uscito”.
La ragazza sorride e si allontana soddisfatta. Quella papaia galeotta va davvero a pesarla e la mette insieme al resto della sua spesa.


Gianni ritorna ad aggirarsi in mezzo agli scaffali. Sorride ai clienti e ai ragazzi che servono al banco del pesce. Sta pensando che a volte la felicità sia più semplice da raggiungere nella pratica e che la vita cambia di continuo, in ogni istante e in ogni luogo, anche in uno dei più classici “non luoghi” come un grande supermercato. Per chi ogni sabato a mezzogiorno ci va soltanto con il compito di fare la spesa, si può trasformare in un mezzogiorno di fuoco, ma per chi sa guardare oltre l’orizzonte dei detersivi allineati per cogliere le sfumature, quel non luogo può diventare l’ombelico del mondo.

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