Enrico Letta in questa foto con Angela Merkel sembra me a fine anni'80 quando a Torino andavo a ballare al Big. In effetti, ha soltanto tre anni e mezzo in più di me, anche se mi sembra di dimostrarne molto di meno. Io però non sono premier.
Racconti, satira e materiale per sopravvivere tra sesso, droga, politica. By Davide Valenti
martedì 30 aprile 2013
lunedì 29 aprile 2013
Niente applausi, sono Emma
In una giornata talmente scontata che però, causa il numero di 630 deputati - che finora nessuno ha tagliato - e le conseguenti lungaggini, ha visto la fiducia a Letta alla Camera iniziare alle 15 e concludersi alle 21.40 (ditemi se accade ciò in un Paese normale), ci pensa Emma Bonino a essere come sempre controcorrente, comunque la si pensi su di lei.
Infastidita, probabilmente, dal tono trionfale del Pdl (non potrebbe peraltro essere altrimenti) e del suo vicino di banco, il neoministro degli Interni Alfano, Bonino scrive un "pizzino" ai suoi colleghi ministri per invitarli a smettere il tifo da stadio: "Posto che siamo tutti "Enrico", non ci si applaude. Secondo me".
Invito di Emma accolto dai ministri. Che poi, sempre per il discorso del Paese normale, si debba in Parlamento sprecare chissà quanta carta intestata per questo tipo di attività, questo è un altro discorso.
Infastidita, probabilmente, dal tono trionfale del Pdl (non potrebbe peraltro essere altrimenti) e del suo vicino di banco, il neoministro degli Interni Alfano, Bonino scrive un "pizzino" ai suoi colleghi ministri per invitarli a smettere il tifo da stadio: "Posto che siamo tutti "Enrico", non ci si applaude. Secondo me".
Invito di Emma accolto dai ministri. Che poi, sempre per il discorso del Paese normale, si debba in Parlamento sprecare chissà quanta carta intestata per questo tipo di attività, questo è un altro discorso.
domenica 28 aprile 2013
sabato 20 aprile 2013
Re Giorgio e re Silvio
La rielezione di Napolitano e l’incredibile rinascita di
Berlusconi, grazie al suicidio del Pd. Non è un golpe, è una ritirata dei
partiti
In questi primi 4 mesi del 2013 abbiamo visto che anche i
papi abdicano, oltre ai re. Eccetto uno, che voleva abdicare ed è stato implorato a non farlo: e
fu così che “re Giorgio” Napolitano ha accettato, probabilmente a tempo
(e non soltanto per ragioni di età) un bis al Quirinale, che la Costituzione
come sappiamo non contempla né vieta. In due mesi abbiamo avuto il primo papa
che si dimette dopo 500 anni e il primo presidente della Repubblica rieletto,
nonostante avesse spesso ripetuto “Non mi convinceranno”. Chi però accusa
Napolitano in queste ore di incoerenza dice, a mio avviso, una sciocchezza. Sono
i partiti, soprattutto il Pd, che sta esplodendo e ha bruciato due
candidati di fila al Quirinale, che hanno benedetto questa soluzione estrema,
mantenendo il presidente attuale il quale tenderà a fare approvare un “governo
di scopo”, affidando l’incarico a vecchie volpi come Giuliano Amato. Non
riesco, oggi, a vedere un gesto più conservativo: d’altra parte, ne va della conservazione
dei partiti stessi. Non è un golpe, come ha dichiarato con azzardo Grillo, ma è
una ritirata dei partiti, che appaiono sempre più lontani dalla realtà. E’
un flop completo della politica, ma chissenefrega: se Enrico Letta ha dichiarato che “Oggi è una
bella giornata per l’Italia” è la dimostrazione che ancora non si è capito
nulla.
Il vero vincitore, però, del “conclave” del Quirinale
è quello che, nel novembre del 2011, sembrava essere sulla ghigliottina. Parlo
di Silvio Berlusconi, che ha resuscitato un Pdl clinicamente morto (lo
sarebbe tuttora, senza la sua arte affabulatoria) portandolo a un soffio di
voti dal Pd e restando fermo nelle strategie per il candidato presidente.
Essere immobili, in questi momenti di caos, è una tattica che può premiare.
Berlusconi è riuscito nell’ordine a: benedire l’ “inciucio” con il Pd per la
candidatura di Franco Marini, bruciata dai democratici; evitare l’elezione al
Quirinale del suo nemico Romano Prodi senza muovere un dito, grazie alla
“carica dei 101” franchi tiratori piddini; ottenere la riconferma di
Napolitano, presidente che ha sempre voluto. Se si rivotasse ora, il Pdl supererebbe
di gran lunga il Pd senza alcun merito da parte del primo, ma semplicemente per
i demeriti del secondo. Altro che giaguaro smacchiato.
La rielezione di Napolitano è drammatica soprattutto per
il Pd, che da quando Bersani ha vinto le primarie per candidarsi a premier
non ne ha azzeccata una, fino allo spettacolo pietoso dei “traditori” che nel
segreto dell’urna non hanno votato per Prodi. Non voglio, però, impallinare
Bersani, il quale come sappiamo si è dimesso da segretario. Sarebbe
ingeneroso verso di lui, che ha provato invano – certo con errori e negli
ultimi 60 giorni con acuta testardaggine – a tenere a bada un gruppo di schegge
impazzite. Due cose, però. La prima: qualcuno nel Pd ci deve ancora spiegare
il rifiuto di appoggiare con Cinquestelle e Sel la candidatura di Rodotà.
La seconda: oltre all’evidente errore di far digerire l’inciucio con
Alfano per il nome di Marini, il giorno dopo si è pensato di rimediare
richiamando dal Mali Romano Prodi, credendo di essere tornati al ’96. Ed
errori di presunzione il Pd ne ha fatti tanti: uno a caso, aver ricandidato
Rutelli a sindaco di Roma, ché tanto ce l’avrebbe fatta (si è visto come andata
a finire). Si arriva così alle scene di questi giorni con i militanti che
bruciano le tessere in piazza di Monte Citorio e il fiato sul collo di Fabrizio
Barca e Matteo Renzi. Il Pd, così com’è, non c’è più, è un dato di fatto e se
non si riorganizza – e bene – alle prossime elezioni prenderà, se è fortunato,
i voti di Scelta Civica. Ciò che però fa più tristezza è che, ad oggi, in
Italia sembra non possa esistere o funzionare nel modo corretto un partito, o
un movimento, non fondato sul capo. Vince Grillo, sopravvive la Lega che
ottiene la Lombardia pur perdendo un sacco di voti, rinasce re Silvio. E si
rielegge re Giorgio. Chissà se Andreotti tornerà agli esteri.
giovedì 18 aprile 2013
I perdenti di successo
L'inciucio. Per il primo da sinistra non ci sono speranze, è il suo ruolo da sempre. Per il primo da destra sarebbero gradite dimissioni: è st'acqua qua.
lunedì 1 aprile 2013
Onida, dice il saggio
"Non spetta ai saggi fare decreti, la legge elettorale la cambieranno i partiti" (se finalmente la cambieranno, aggiungo).
Oppure, con modestia, ma anche con realismo: "Non aspettatevi chissà cosa, si cerca di fare il meglio possibile".
E ancora, risvegliando lo smacchiagiaguari: "Tecnicamente il preincarico a Bersani non è finito, ne è stato revocato" (che poi si ripristini, è un altro discorso).
E ancora, con stilettata a Grillo: "Il parlamento è giovane e non ha bisogno di badanti, semmai di baby sitter".
E aggiungo: lavorate, neoletti. Non sono i saggi a doversi occupare, ad esempio, di diritti civili, immigrazione, omofobia. Voi, invece, sì.
Saggi d' aprile
Tutti (o quasi) li criticano, tutti (o quasi) lamentano non ci sia almeno una donna, tutti (o quasi) li pressano per fare in fretta, ribadendo che non sono risolutivi, tutti (o quasi) non credono che la vera partita che si gioca si un'altra. Che Giorgio Napolitano ha rimandato al suo successore (o a se stesso, molti vorrebbero).
Nel frattempo, ci sarebbe un Parlamento nuovo e, soprattutto, rinnovato che potrebbe - anzi, dovrebbe - occuparsi di lavorare. E bene.
Nel frattempo, ci sarebbe un Parlamento nuovo e, soprattutto, rinnovato che potrebbe - anzi, dovrebbe - occuparsi di lavorare. E bene.
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